
08 Ago Velasco e la cultura degli alibi: cos’è e perché ci riguarda?
Julio Velasco e la cultura degli alibi
Che cos’è e perché ci riguarda?
Sappiamo bene cosa succede al lavoro, ma non solo, quando qualcosa non va nel verso giusto. Solitamente, due sono le possibilità: nel primo caso ci si lamenta, nel secondo si scarica la responsabilità su qualcun altro.
Julio Velasco, uno dei più grandi coach di pallavolo e già alla guida dei grandi successi della nazionale italiana maschile negli anni Novanta, la chiama “la cultura degli alibi”: lo schiacciatore giustifica il suo errore dicendo che la palla gli è stata alzata male, il palleggiatore se la prende con chi ha ricevuto, quest’ultimo tenta di lamentarsi – non potendolo fare, ovviamente – con l’avversario che ha battuto.
L’alibi è una scusa, un pretesto che diventa un argomento di difesa con il quale una persona mira a provare di non essere responsabile dell’errore.
La sconfitta è orfana
Viene da pensare, allora, a un vecchio detto attribuito al poeta britannico John Keats che nella sua versione più nota recita: “la vittoria ha moltissimi padri, mentre la sconfitta è orfana”. Parafrasando questo aforisma si giunge al suo significato più profondo, ovvero che quando si raggiungono obiettivi importanti o si riesce finalmente a ottenere un successo, tutti provano a rivendicarne il merito; al contrario, quando si perde o si commette un semplice errore, tendiamo quasi sempre ad attribuire la colpa a qualcun altro. Lo facciamo per deresponsabilizzarci, nell’errata convinzione che sottolineare gli errori altrui possa sollevarci dalle nostre responsabilità.
La cultura degli alibi è profondamente legata alla crisi della responsabilità, ovvero della capacità di una persona di raggiungere i risultati oltre le difficoltà e le circostanze riconoscendo in sé la persona responsabile e riconoscibile dei risultati, positivi o negativi, ottenuti. Questa cultura ha un effetto negativo non solo sulla produttività dell’azienda, ma anche sull’engagement dei dipendenti, che più si sentono agenti passivi (“vittime”), più si lamentano, meno fanno accadere le cose e meno si sentono ingaggiati.
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Saper perdere: la mentalità vincente
Secondo Julio Velasco, tre sono le componenti principali di una una mentalità vincente:
- Le capacità interne: le risorse che abbiamo dentro generano determinazione. Sapere chi siamo ci spinge ad agire e a compiere delle scelte basate sui nostri valori e sulle nostre capacità.
- La Fiducia: contro la voglia di rassegnarsi, sia verso noi stessi ma soprattutto verso gli altri membri del team. Teamwork significa rispettare i ruoli e stabilire come cambiarli. Ma non solo, il gioco di squadra deve convenire a tutti perché conduce alla vittoria e per fare ciò occorre tattica che significa nascondere i propri difetti ed evidenziare quelli dell’avversario.
- L’Orgoglio e la voglia di vincere:
- contro i limiti personali
- nei confronti delle difficoltà – per questo è necessario imparare ad ascoltarsi e adattarsi
- contro l’avversario.
Ecco che arriviamo al punto chiave. Questo significa anche sapere perdere, e quindi accettare che l’altro abbia fatto meglio di noi. Non per questo si deve tornare alla tentazione dell’alibi e tornare come prima, ma è necessario prendere una pausa di riflessione per capire i propri errori, confrontarsi e prendersi le proprie responsabilità, così da poter cambiare e migliorarsi giorno dopo giorno.
Nuova leadership: responsabilità e feedback
Per vedere i problemi e gli obiettivi serve il coraggio di guardare la situazione così com’è e di auto-valutare le proprie performance. In poche parole: serve dare e ricevere feedback. I leader hanno un ruolo fondamentale nel trasformarlo in una pratica quotidiana: dare sempre feedback (non solo quando sono negativi) significa costruire conversazioni professionali e sane.
È importantissimo, infatti, mettere sempre le persone in condizione di sapere che possono sbagliare e perdere. Non sempre le attività che pensiamo sono facili da trasmettere e quindi l’ideale è usare tutta la nostra pazienza per cercare di essere più chiari possibile, ricordandoci che ognuno di noi ha chiavi comunicative diverse.
I più grandi suggerimenti sulla leadership li prendiamo dal libro “One minute manager” di Kenneth Blanchard e Spencer Johnson ed è “Catch people doing something right”.
In pratica, un buon leader deve saper riconoscere i meriti, dare i feedback e dedicare il giusto tempo alle spiegazioni. Ecco perché, quindi, scegliere la cultura degli alibi vuol dire scegliere una cultura basata non solo sulla responsabilità di ogni persona, ma anche sulla fiducia e trasparenza delle aziende. Il leader deve saper trattare le persone da adulte e aspettarsi da loro il raggiungimento di grandi risultati.
Cultura degli alibi e Team Coaching: perché ci riguarda?
Come abbiamo anticipato, nella maggior parte delle squadre (aziendali o sportive) è presente, in misura maggiore o minore, la cultura dell’alibi. Questo atteggiamento mentale fa sì che nessuno si assuma la responsabilità di ciò che ha fatto e di ciò che può migliorare. Questo atteggiamento da scaricabarile porta alla cristallizzazione, al blocco totale e al mancato raggiungimento degli obiettivi, con conseguenti alti livelli di stress e frustrazione.
Il nostro compito quando implementiamo interventi di Team Coaching è molto spesso quello di riportare la responsabilità dei risultati sotto la gestione di ciascun componente del team. Solo in questo modo le persone iniziano a dare il meglio di sé indipendentemente dalle circostanze esterne, generando uno straordinario circolo virtuoso, e non più vizioso, all’interno del team.
A questo scopo, non solo il Team Coaching, ma anche le attività di Team Building possono essere di grande aiuto. Noi di Teamworking ne offriamo una vasta gamma per ogni gusto e preferenza!
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