velascojulio

Julio Velasco, l’allenatore e il leader

Julio Velasco non solo è un grande allenatore di pallavolo, ma anche un grande motivatore.

I due mestieri sono indissolubilmente legati, dal momento che compito del coach è, oltre tutto, motivare la sua squadra alla vittoria. E Velasco porta questa sua capacità di convincimento anche nell’ambito aziendale, spiegando – spesso attraverso metafore sportive – concetti come Leadership e Lavoro di Squadra.

Julio Velasco: il Decalogo del Leader

In un video è stato raccolto quello che può essere definito il Decalogo del Leader: 10 consigli di Julio Velasco che, tra serie e faceto, riassumono i doveri di un buon leader.

Questi dieci consigli, estrapolati dai discorsi di Julio Velasco, sono tratti dalla sua esperienza di allenatore e dunque riferiti soprattutto all’ambito sportivo. Ma si possono vedere come – anzi, sono a tutti gli effetti – metafore valide per qualunque squadra di lavoro. Ovunque c’è un leader (allenatore) che deve spronare un gruppo di individui (giocatori) dotati di determinati talenti e determinati difetti; ovunque c’è una mission da realizzare (la vittoria) e un percorso da svolgere (gioco) per arrivarci.

1. L’allenatore non fa ma convince a fare. Per allenare uccidi il giocatore che è in te.

leadershipNon c’è nulla di peggio, secondo Velasco, della fatidica frase: “Faccio prima a farlo io che a spiegarlo“. Questa frase uccide la leadership, perché scopo del leader non è fare le cose in prima persona, bensì stimolare gli altri a farle. Per lo stesso motivo non è possibile misurare i risultati ottenuti dai collaboratori sui propri: un leader può essere un lavoratore geniale, e gli altri potrebbero non riuscire a eguagliare i suoi risultati. È importante “uscire dal campo e sedersi in panchina” per guidare bene il team.

2. Cercare il problema, non il colpevole

Di fronte a un problema ciò che fa un buon leader è cercare di risolverlo. Non ha alcun senso cercare un “capro espiatorio” o comunque colui che ha commesso l’errore; una volta commesso, va discusso e risolto.

3. Una squadra si costruisce stabilendo i ruoli

Dividere i ruoli all’interno del gruppo è il primo passo verso la formazione di una vera squadra. Il rispetto dei ruoli in una squadra è importante soprattutto quando le cose vanno male. Se un difensore va a giocare all’attacco, nel calcio, non sta facendo bene: sta distruggendo la squadra. Rischiare il tutto per tutto si può, ma deve essere la decisione collettiva, della squadra e dell’allenatore.

4. Festeggiare anche gli errori ne tentativi

sbaglieraiBisogna imparare come con i bambini che provano a camminare, cadono e si rialzano. Mentre imparano sono festeggiati da chi sta loro intorno. Il bambino sa che può tentare tranquillamente, perché l’ambiente intorno è positivo e accogliente. Bisogna dunque creare anche nel team la percezione del fatto che l’errore sia parte integrante e necessaria del processo di apprendimento.

Gli errori, infatti, non solo sono utili per capire quali sono le cose più importanti su cui concentrarsi, ma sono anche uno strumento di apprendimento che aiuta a vedere le cose più chiaramente.

5. Sì sì… però no!

Quando si deve dire di no, lo si deve fare in modo chiaro, senza tergiversare.

6. Dire più spesso “bravo”, anche ai bravi. Alle donne moltiplicate per quattro!

Questo perché le donne tendono a essere molto critiche verso se stesse. È importante riconoscere quando qualcuno fa qualcosa bene, anche perché l’emotività è importante per tutti… anche per i maschi alfa! Tutti hanno bisogno di riconoscimenti.

7. Qualche volta ci vuole qualcuno che ci spinga in piscina per costringerci a nuotare

Il coach crede in te, crede che ce la farai e per questo ogni giorno ti spinge e ti sprona a migliorare.

Se si chiede a un membro del team che cosa lui voglia migliorare di sé, e lui fa un elenco completo di tutto quello che fa, è sbagliato. Perché non si può migliorare in tutto; e se lo si può fare, lo si può fare migliorando tutto pochissimo. Ma per fare il salto di qualità bisogna decidere precisamente che cosa vogliamo migliorare e lavorare in modo approfondito su quell’aspetto. Un attaccante deve migliorare in attacco, non in tutto!

8. Chiediamo di più “perché”

Spesso tra i collaboratori possono nascere conflitti e non sappiamo perché. Se un membro del team non vuole o non riesce a fare qualcosa, o è demotivato, bisogna per prima cosa chiedergli perché, quale sia il suo problema.

9. Non si può avere il posto fisso alle Poste e fare la vita spericolata di Vasco Rossi

Se vogliamo ottenere qualcosa, dobbiamo rischiare. Non possiamo stare attaccati alle certezze se vogliamo puntare veramente in alto.

10. Chi vince festeggia, chi perde spiega

La soluzione del problema non sta nel parlarne me nel trovare ogni modo possibile per risolverlo!

Linguaggio della leadership

Nella nostra comunicazione, sia orale che scritta, le qualità di un vero Leader si vedono nella capacità di usare la parola. La persuasione è infatti uno strumento molto più potente del comando diretto quando si parla di leadership. Lo scopo del leader è “creare un mondo al quale le persone desiderino appartenere” e convincere la sua squadra, sia aziendale che sportiva, a farne parte. Ecco perché il decalogo proposto da Julio Velasco è ancora più importante se lo si sovrappone al concetto di comunicazione e linguaggio della leadership.


Scopri di più sul linguaggio della leadership QUI


Cultura degli alibi, sapete di che si tratta?

cultura degli alibi VelascoSappiamo bene cosa succede negli ambienti lavorativi, ma non solo, quando qualcosa non va nel verso giusto. Solitamente, due sono le possibilità: nel primo caso ci si lamenta, nel secondo si scarica la responsabilità su qualcun altro.

Julio Velasco, uno dei più grandi coach di pallavolo e già alla guida dei grandi successi della nazionale italiana maschile negli anni Novanta, la chiama “la cultura degli alibi”: lo schiacciatore giustifica il suo errore dicendo che la palla gli è stata alzata male, il palleggiatore se la prende con chi ha ricevuto, quest’ultimo tenta di lamentarsi – non potendolo fare, ovviamente – con l’avversario che ha battuto.

L’alibi è una scusa, un pretesto che diventa un argomento di difesa con il quale una persona mira a provare di non essere responsabile dell’errore. 


Volete conoscere meglio Julio Velasco e approfondire l’argomento? Leggete qui un altro articolo dedicato a lui e alla cultura degli alibi!