Tradurre la CSR in un Teambuilding Sociale

Tradurre la CSR in un Teambuilding Sociale

Il concetto di CSR (Corporate Social Responsibility o Responsabilità Sociale d’Impresa) è molto ampio e questo di fatto apre tutta una serie di possibilità per le attività di team building fino a poco tempo fa non prese in considerazione. Il modo in cui noi cerchiamo di tradurre la CSR in un Team Building Sociale è relativamente semplice: partendo da un’idea, da un risultato da raggiungere, cerchiamo di capire come coinvolgere un gruppo per far sì che questo si traduca in azioni concrete a favore di un organizzazione, dell’ambiente, o di un contesto sociale specifico.

Dal momento che un Team Building Sociale sposta il focus da “attività ludica che non avevamo ancora fatto” ad “attività a valore aggiunto per dare un contributo” le idee sono, oserei dire, infinite.

Anche il team building sociale corre il rischio di diventare una moda, un “nome” per riciclare vecchie attività. Quello che noi cerchiamo di sottolineare alla committenza è che non c’è bisogno di costruire palazzi per dare un contributo. Nella maggior parte dei casi, sono le attività semplici quelle che poi si rivelano di maggior successo e con un eco e delle ripercussioni sia in termini di formazione che di risultato per gli attori coinvolti.

I motivi per cui questa tipologia di team building sta prendendo piede sono molteplici. Lo spostamento del focus assume un ruolo fondamentale. Le persone non si sentono più “oggetto” di osservazione, o protagonisti di una escursione a carattere formativo. Le attività esperienziali Outdoor sono ricche di metafore, di significato, di emozione, ma tutto questo viene vissuto in un contesto creato ad hoc per i partecipanti. Nel social team building invece il contesto di riferimento è più che mai “reale”, e le attività predisposte devono tener presente tutte le potenziali conseguenze derivanti dall’interazione con persone che, ad esempio, vivono un disagio, o che necessitano di aiuto, o che appartengono a categorie protette.

Ovviamente si può anche pensare ad attività da svolgere a favore dell’ambiente. Qualche settimana fa ci siamo ritrovati insieme ad alcuni giovani di Legambiente a raccogliere rifiuti su una spiaggia nei pressi del parco regionale della Maremma Toscana per circa un’ora. Tale attività aveva tutti i requisiti di una attività di formazione esperienziale: c’era

  • un “setting”
  • un’attività ben precisa (la raccolta dei rifiuti) da organizzare
  • una sfida (veniva premiato il gruppo che raccoglieva la maggior quantità di rifiuti)
  • un tempo entro il quale concludere l’attività.

Quello che cambia quindi è il “focus” sia della committenza che dei partecipanti. I partecipanti passano da oggetto di osservazione a strumento di utilità per un’organizzazione o un gruppo di persone, un’idea, un valore su cui l’attività si sta impostando.

Quello che cambia quindi è l’efficacia della formazione: l’evento risulta avere una persistenza maggiore dovuta al fatto che qualcosa resta. Quello che viene fatto diventa parte della vita di qualcuno, diventa qualcosa di tangibile, diventa un contributo nella vita di persone che continueranno a vivere quell’esperienza o almeno i suoi frutti.

Parlando di interventi che abbiamo sviluppato, menzioniamo un evento in cui il committente ci ha chiesto di organizzare un team cooking per un gruppo di persone con lesioni irreversibili al midollo spinale .

Quando ricevemmo la richiesta il cliente ci fornì le specifiche: “90 persone circa di cui la metà in sedia a rotelle. Il tutto dovrà essere fatto all’interno di un ospedale”.

Il primo pensiero è stato: “semplicemente impossibile!”

Poi una parte di me si è opposta ed ho pensato “bella forza rifiutare lavori che possono esporti al rischio di insuccesso! e se nessuno se la sentisse di organizzare quel teambuilding?” non me la sentivo di abbandonare quelle persone. Rinunciare a quella sfida in quel momento mi è sembrato da vigliacchi: potevamo fare qualcosa, niente di eccezionale, ma avevo la possibilità di rendere speciale una giornata per un gruppo di persone “speciali”.

Social CookingÈ stato complicatissimo, non lo nego, ma come ogni volta che si attivano energie “positive”, gli eventi sembrano cominciare ad incastrarsi magicamente e grazie anche al supporto della struttura e del personale dell’Unità Spinale di Torino, siamo riusciti a far lavorare tutti a pieno regime nonostante le difficoltà del caso. È stato meraviglioso vedere quelle persone concentrarsi su patate e pomodori e ridere di gusto. Per giornate come quella vale la pena affrontare la crisi del mercato, la difficoltà di budget di tutte le aziende, e le difficoltà che ci sarebbero in ogni caso!

Il Team Building Sociale può essere vissuto in diverse location. Dipende tutto dall’attività scelta ovviamente. Il tempo necessario come al solito risente di tutti i vincoli tipici delle attività di team building: all’aumentare del numero di persone coinvolte diminuisce il tempo che l’azienda ha la possibilità di concedere. Ideale è avere almeno 4 ore a disposizione, ma cerchiamo sempre di rispondere “ce la faremo nel tempo che abbiamo a disposizione”, pur con tutte le difficoltà che questa responsabilità può comportare.