Maratona della Felicità

Maratona della felicità

Giornata mondiale della felicità – 20 Marzo 2020

In questo momento in cui tutti noi ci troviamo costretti a rinunciare alla nostra libertà per rimanere chiusi in casa, un tempo duro per pensare ad essere felici, l’organizzazione 2BHappy ha pensato di creare un qualcosa di formativo per tutti. Ha accettato la sfida contro solitudine e malinconia e ha organizzato per la giornata di venerdì 20 marzo – Giornata Mondiale della Felicità – una maratona di conferenze online assieme al gruppo di ricercatori e formatori di scienza della felicità e delle organizzazioni positive.

Pensando che potesse essere un’esperienza innovativa altamente formativa, anche noi di Teamworking ci siamo collegati per seguire alcuni dei webinar proposti. Ne traiamo un riassunto relativo soprattutto alle tematiche che più ci stanno a cuore: quelle aziendali.

La Scienza della Felicità

Maratona della FelicitàNel corso di tutti i webinar si è parlato molto di felicità come competenza, in relazione soprattutto alla cosiddetta Scienza della Felicità. Questa è una disciplina giovane nata dalla convergenza e dall’integrazione dei contributi provenienti da scienze consolidate (come la psicologia positiva, la biologia, le neuroscienze, la fisica quantistica e l’economia), ma anche da ricerche di frontiera (come quelle nei campi della metamedicina), dalla filosofia e persino dalle discipline orientali.

La Scienza della Felicità nasce con il desiderio di spiegare al mondo perché si possa affermare che la felicità sia una competenza. L’obiettivo che si pone l’organizzazione 2BHappy, infatti, è “La felicità prima di tutto per tutti” e noi di Teamworking lo sentiamo particolarmente vicino alla nostra Vision e alla nostra Mission aziendale: portare il sorriso nel mondo del lavoro!

Scienza della Felicità e Coaching

Happiness at workCome mai a questa nuova scienza si abbina naturalmente un percorso di Coaching individuale e/o aziendale? Lo hanno spiegato bene Emanuela Scarpone e Marisa Quintili. La Scienza della Felicità insegna che gli ormoni della felicità (dopamina, ossitocina, serotonina) rendono il nostro cervello più capace di creare e di imparare, e questo succede quando ascoltiamo i nostri bisogni emotivi. Ecco che il coaching è in grado di generare chimica positiva nel momento in cui costruisce un ambiente sicuro di supporto e crea una relazione di fiducia e ascolto.

Ma la somiglianza non è solo nelle premesse, ma anche negli obiettivi. La scienza della felicità afferma infatti la necessità per ciascuno di noi di crearsi una “routine del benessere”, fatta di pratiche da coltivare con costanza ogni giorno. Così pure il coaching stimola a creare nuove abitudini, trasforma l’apprendimento in azioni attraverso la stessa pratica della costanza. Nell’ambito aziendale, un percorso di coaching può trasformare quello che era un semplice lavoro in una vera e propria vocazione attraverso l’introduzione di abitudini e comportamenti nuovi e coerenti con l’obiettivo che ci si pone.

Non sempre però per la trasformazione aziendale basta un Coach esterno: ed è qui che nascono nuove professionalità.

Azienda e Felicità: il Genio Positivo

La Scienza della Felicità si incarna in azienda nei ruoli di Genio Positivo e Chief Happiness Officer. Queste nuove figure professionali sono rappresentate da persone esperte di felicità, cultura e modelli mentali che lavorano all’interno delle organizzazioni e sono, quindi, responsabili della felicità dei lavoratori. Il tema è stato trattato in molti interventi, dei quali citeremo sopratutto Veruscka GennariLuca Gandolfi e Monica Paliaga, Maria Gabriella La Porta.

La figura professionale del Genio Positivo si pone un obiettivo ambizioso: generare una società migliore. Per questo, il percorso per diventare Genio Positivo non è affatto semplice e prevede una scelta consapevole e un impegno costante a livello di tempo e di studio: non ci si può improvvisare, per diventare dei Geni Positivi è necessaria una solida competenza. La parola felicità arriva infatti dritta alla pancia facendoci provare sensazioni indefinibili e che appaiono a una prima vista essere diverse per ogni persona. I Geni Positivi devono, quindi, essere particolarmente brave a trovare approcci individuali e ad argomentare i propri contenuti rispondendo alle tante e varie domande che vengono loro poste.

Il lavoro del Genio Positivo è un lavoro sull’essere, sull’ascolto e sulla presenza; proprio come quello di un coach, ma più consapevole delle esigenze uniche dell’azienda in cui lavora. Le aree professionali su cui i geni positivi lavorano e hanno competenza sono svariate, e passano da aziende multinazionali a start up, fino ad arrivare agli educatori e ai consulenti.

Perché diciamo che il Genio Positivo è una professionalità?

Quello che manca a volte ai coach e ai counselor è una cornice di riferimento relativa all’azienda cliente. Il lavoro del Genio Positivo parte dunque dal presupposto di creare una cornice a cui riferirsi, per costruire a partire da essa un paradigma aziendale basato sulla felicità.

Chief Happiness Officer: chi è e a cosa serve questa figura?

Anche il Chief Happiness Officer nasce da un bisogno: focalizzarsi sul contesto che si conosce meglio, ovvero le organizzazioni.

Il Chief Happiness Officer è una figura professionale in grado di aiutare le aziende a portare al proprio interno una cultura incentrata sul benessere, creando anche sostenibilità. Specialmente in un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui è in atto un particolare cambiamento culturale, c’è un estremo bisogno di un acceleratore riguardo a cambiamento e sostenibilità ambientale. Una volta che il linguaggio giusto sarà entrato nei vocabolari educativi di tutto il mondo, forse non ci sarà più bisogno di qualcuno che detti il ritmo; ma, finché le aziende si troveranno a corto di idee e le parole giuste verranno meno, avranno bisogno del Chief Happiness Officer per portare benessere tra i dipendenti.

Esperto di organizzazioni positive, il Chief Happiness Officer non si aggiunge all’organico dell’azienda ma il più delle volte ne fa parte già da tempo, e ha un ruolo consolidato e universalmente rispettato. Conoscendo i principi alla base della scienza della felicità da un lato, e la realtà aziendale dall’altro, è capace di guidare un’azienda verso il cambiamento attraverso un approccio basato sul dialogo armonico tra i tre elementi fondamentali: i processi, i comportamenti e la cultura.

Che cosa fa il CHO?

  1. Maratona della Felicità: Chief Happiness OfficerGuarda fuori: analizza gli scenari esterni (economico, politico, tecnologico, socioculturale) e le politiche di sviluppo delle persone e delle organizzazioni. Questo per rispondere alla domanda: come vedi il futuro della tua organizzazione?
  2. Guarda dentro: analizza la sua organizzazione, le sue credenze, i comportamenti radicati che formano la cultura aziendale.
  3. Definisce la Vision dell’organizzazione e i Valori che stanno alla base della vita aziendale.
  4. Allinea se stesso per dare inizio a un vero processo di cambiamento per se stesso e i collaboratori.
  5. Allinea i leader dell’organizzazione affinché da loro prenda avvio il cambiamento culturale dell’azienda tutta.
  6. Sceglie le pratiche positive da adottare all’interno dell’organizzazione: in questo processo il CHO e i leader dell’organizzazione spesso fanno azione di co-creazione.
  7. Aggiorna i processi organizzativi per facilitare la sostenibilità e la realizzazione di un cambiamento culturale profondo e sistemico.
  8. Promuove la felicità come strategia coerente all’interno dell’organizzazione.

In un periodo come questo, in cui a causa di un fattore esterno ci siamo ritrovati a cambiare improvvisamente abitudini lavorative e di vita, l’azienda ha più che mai bisogno di capire i nuovi trend e come affrontare le difficoltà che verranno.  La strada è complessa ma il cambiamento è possibile.

 

Un metodo: Visual Facilitation

L’intervento tenuto da Melissa Parrinello ha voluto portare alla luce uno dei progetti concreti della scienza della felicità applicandola alla rappresentazione grafica.

Melissa è un Genio Positivo e la sua particolare idea è quella di combinare il sapere, unendo le pratiche delle scienze positive con la bellezza delle arti. Il suo è un modo fuori dal comune di provare a capire come il potere della rappresentazione possa aiutarci in questo periodo dove il futuro è incerto e il presente atipico.

Cos’è la Visual Facilitation?

Questa pratica riassume l’insieme degli strumenti che sono in grado di farci pensare per immagini, a porre l’attenzione sull’intelligenza visivo-spaziale, per stimolare così la nostra capacità immaginativa e creativa. Già il semplice fatto di immaginare e rappresentare qualcosa disegnando apre le porte a infinite opportunità.

In Italia ci sono due miti legati al disegno. Il primo è che il disegno sia un’attività legata all’infanzia: spesso, infatti, pensiamo che disegnare sia una cosa infantile, che si possa fare solo da bambini o con i bambini. Dall’altra parte, il secondo mito vuole che il disegno venga visto come arte nel vero senso della parola, ovvero una capacità o un talento che solo alcuni privilegiati possiedono. Quello che ognuno di noi dovrebbe capire, invece, è che in realtà tutti noi possediamo una capacità immaginativa e creativa e questa può esserci utile sotto vari aspetti e punti di vista.

Quali sono i vantaggi del disegno?

Possiamo disegnare per pensare e ciò ci porterà diversi vantaggi tra cui:

  • Semplificare: nel momento in cui mettiamo nero su bianco un elemento lo riduciamo all’essenziale, e questo ci permette di vederlo nella sua forma più concreta.
  • Organizzare: trasferendo su carta ciò che abbiamo in mente siamo in grado non solo di dargli una forma, ma anche di sistemare meglio le idee dandovi un ordine.
  • Chiarire: le parole sono etichette convenzionali, ma nella nostra mente ciascuno associa a una parola un’immagine o forma individuale e unica. Può essere illuminante vedere con i nostri occhi cosa pensa un collega, o noi stessi.

Quando disegniamo, inoltre, diamo libero spazio alla nostra riflessione e quindi anche alla creatività. Rendiamo tangibili le nostre idee e le condividiamo anche con gli altri per dimostrare che siamo davvero in una condizione di ascolto e comprensione. Per questo, l’atto del disegno può portare vantaggio anche nella relazione con noi stessi e con gli altri.

Come conciliare la scienza della felicità all’arte?

La scienza della felicità è una competenza che noi possiamo allenare. Il 50% è dettato dalla genetica, dal nostro essere, e per questo non si può modificare. L’altro 50%, però, è composto dai comportamenti che decidiamo di avere, dalla voglia e dall’impegno che vogliamo mettere in quello che facciamo.

La tecnica consigliata per ricentrarci e capire se stiamo facendo veramente le cose che ci rendono felici mette in relazione il disegno con i quattro pilastri della scienza della felicità, ovvero:

1) + noi – io: il capitale sociale, la fortificazione della rete sociale.
2) + chimica positiva – chimica negativa: la produzione di ormoni della felicità (ossitocina, serotonina, dopamina…).
3) + essere – fare e avere: cercare di onorare un valore legato al proprio benessere. Siamo soliti passare le giornate nello studio e nel lavoro, ma spesso finiamo per non avere il tempo di coltivare i nostri hobby e le nostre passioni.
4) + disciplina – caos: la routine del benessere. Sono necessarie delle pratiche che possano aiutare ad avere una routine della felicità, per farci stare bene con noi stessi e con gli altri.

Di seguito, un metodo semplice di Visual Facilitation può farci ragionare tutti in prima persona sulla propria vita e felicità:

Prendiamo carta e penna!

Prendete un foglio bianco da dividere in due parti, un pennarello nero e 4 colorati. Nella parte più piccola del foglio, con i quattro colori scrivete i 4 pilastri della scienza della felicità. Nella parte più grande tracciate invece un cerchio da dividere in tre parti, corrispondenti alle tre fasi della giornata: mattino, pomeriggio e sera. Ripensando alla giornata precedente, disegnate in ciascuna delle tre parti un simbolo che rappresenti un’attività fatta e che possa essere in qualche modo per voi importante. Con i colori corrispondenti ai relativi pilastri, infine, cerchiate l’attività che più trovate in linea con essi, in modo da capire a colpo d’occhio se siete riusciti a dedicare abbastanza tempo a ciò che vi rende felice.

Questa modalità di visualizzazione e di monitoraggio dei propri pensieri e delle proprie emozioni è un metodo semplice ma efficace per capire quanto tempo ogni giorno riusciamo a dedicare a questi quattro pilastri, ovvero quelli che ci fanno essere felici veramente. È un esperimento che ognuno di noi può fare per mettere a fuoco la nostra vita focalizzandoci anche sui piccoli dettagli della giornata.