Open Space Technology e Brainstorming

L’Open Space Technology (OST) nasce nella prima metà degli anni ’80 dalla constatazione di un organizzatore di convegni, di nome Harrison Owen, che i momenti che i convegnisti considerano più fruttuosi sono quelli del coffee break. Indagando sui motivi di questo gradimento, Owen concluse che il coffee break è uno speciale spaziotempo che lascia liberi i partecipanti di conversare con chi vogliono, per il tempo che ritengono utile, su problemi di loro interesse.

Il colpo di genio è consistito nel chiedersi se non fosse possibile organizzare convegni che per il 99% del tempo funzionassero secondo i principi del coffee break e per l’1% secondo quelli dei discorsi più paludati, ufficiali e preconfezionati.

Owen asserisce che ci ha messo dodici anni a provare e perfezionare la formula, che poi ha chiamato appunto Open Space Technology. L’OST è una modalità di indagine e decisionale adatta a situazioni in cui un gruppo differenziato di persone deve affrontare dei problemi complessi e conflittuali in modi innovativi e creativi. Se qualcuno dei promotori pensa di avere già la soluzione e di dover solo convincere gli altri, non funziona.

Open Space Technology e Brainstorming

I convegni OST, ormai molto diffusi sia in Europa che in altri continenti, non hanno relatori invitati a parlare, né programmi predefiniti. Sono organizzati a partire da un tema concreto e contingente proposto sotto forma di domanda rivolta “a tutti coloro che sono interessati”. In generale le domande tipiche di un OST sono le stesse dei piani strategici (sui futuri desiderabili in una certa area territoriale o in una certa organizzazione pubblica o privata), o dei piani sociali o anche delle ricerche di mercato.

I partecipanti all’OST, seduti in un ampio cerchio, apprendono nell’arco della prima mezz’ora quali sono le regole per creare una propria conferenza. Chiunque intende proporre una idea o tema per il quale prova sincero interesse, si alza in piedi e lo annunzia al gruppo e così facendo da un lato gli viene assegnato uno spazio nel quale incontrarsi con tutti coloro che siano interessati allo stesso tema, dall’altro si assume la responsabilità di organizzare la discussione e al termine scriverne un breve resoconto. Quando tutti gli intenzionati hanno proposto i propri temi, riempiendo di solito l’agenda per l’intera giornata, viene dato inizio alla prima sessione di lavoro e si incomincia.

L’intero evento è governato da una unica regola, chiamata “la legge dei due piedi”: “Se ti accorgi che non stai imparando né contribuendo alle attività, alzati e spostati in un luogo che ritieni essere più produttivo”. Questo “altro luogo” può essere un altro gruppo impegnato a discutere un altro tema, oppure il tavolo del coffee break che è imbandito e a disposizione in permanenza , oppure uno può anche andarsene. Quello che importa e che viene sottolineato con enfasi è che in questo contesto l’abbandonare un gruppo di lavoro per andare a curiosare altrove non va considerato un segno di scortesia, ma di vitalità. In sintesi, nell’OST gli unici responsabili di un evento noioso o poco stimolante sono i partecipanti stessi.

L’OST si propone come un laboratorio nel quale si può sperimentare e verificare la saggezza della “legge di Ashby” che dice: “Un organismo o una organizzazione non può affrontare un aumento di differenziazione e varietà nel proprio contesto, se non accresce la gamma di scelte del proprio repertorio di risposte.” L’OST espande notevolmente la gamma delle scelte sia individuali che collettive. E la gente ci prende gusto.