Essere agente del cambiamento

Come essere agente del cambiamento? Tratto dall’articolo Organizzazione. Che cosa accade quando le persone scoprono spazi inesplorati, di cui non hanno il polso di Andrea Montefusco, SDA professor di organizzazione e personale.

La domanda centrale, quella che potrebbe aprire un varco nella coltre di nubi fitte che oscurano il territorio del cambiamento organizzativo, non emerge mai esplicitamente. È nascosta nelle pieghe dei discorsi di chi affronta professionalmente questo tema, incontrando le mille difficoltà che corsi universitari e lezioni manageriali cercano di mitigare fornendo, se non certezze, almeno qualche sorta di metodologia. Eppure, avendo il coraggio di essere realisti, la parola ci aspetta semplice da pronunciare e breve: la paura, che tecnicamente definiamo come ansia.

Questa parola è bandita dalla tavola del management positivista: non si può avere paura se si è preparati, colti e potenti. Eppure, forse si è preparati colti e potenti perché si è ascoltato quel sentimento fastidioso che ci spingeva verso territori inesplorati che ci attraevano e spaventavano ad un tempo. Lo psicologo e giornalista Luigi Pagliarani, anni fa, ricordava che «[…] l’ansia è ciò che ci ha permesso di diventare ‘padroni del mondo’»: quando ci confrontiamo con la complessità del mondo diveniamo consapevoli della nostra limitatezza e solo chi, spesso grazie all’aiuto del ‘gruppo’, reagisce a questo disagio aumenta progressivamente la sua sicurezza.

Il cambiamento organizzativo è uno stadio di passaggio, una fase di transizione che costringe le persone, volenti o nolenti, a scoprire che esistono spazi organizzativi di cui non hanno il polso, luoghi vicini nello spazio aziendale, magari a pochi metri di distanza, ma lontani tanto da non conoscerne le storie, gli eventi, da non comprenderne gli equilibri e la lunga evoluzione che li ha costruiti. Questo momento, come per l’alpinista che lascia il rifugio nella notte per muovere verso una salita mai compiuta, crea naturalmente una sensazione di disagio che, se opportunamente elaborata, unita al percorso di preparazione fisica e psicologica che l’alpinista ha compiuto (lo chiamiamo allenamento) gli permette di tornare a casa. Nel cambiamento organizzativo l’ansia non solo è elemento presente a tutti i livelli, ma variabile chiave per governare lo spostamento del baricentro organizzativo, aziendale, del mercato, verso un nuovo equilibrio. L’ansia è sempre presente nel cambiamento, sia a livello di individuo che di gruppi, e non deve essere interpretata solo come una minaccia, ma letta come una delle sorgenti di energia in grado di spingere le persone a muovere verso l’incertezza del cambiamento.

Qual è la chiave che spazza dal cielo del cambiamento le nubi più fosche, i temporaleschi cumulonembi? Il riconoscimento e l’accettazione dell’ansia non come un limite, ma come una caratteristica chiave della spinta vitale delle persone e dei gruppi, è il primo passo. Il secondo momento è divenire consapevoli delle variabili che permettono non di eliminare, ma di indirizzare le spinte che l’ansia produce verso la costruzione del nuovo equilibrio. Il terzo passo che dovrà compiere chi desidera o deve governare un cambiamento è andare alla ricerca dell’energia organizzativa attraverso l’ascolto di individui e gruppi. Cambiare un’impresa significa recidere le catene e i tiranti che mantengono un equilibrio costruito nel tempo, spesso frutto di negoziati quotidiani e sottili tra gli attori organizzativi: come nel varo della nave, l’energia liberata è enorme.

Cercare l’energia è necessario: nessuno cerca di varare la nave in salita ma, saggiamente, la costruisce già sul piano inclinato.